Nessuno ha mai parlato come lui…

Come parliamo ai ragazzi? Quale esperienza di fede proponiamo? Sappiamo agganciarci alla loro sensibilità giovanile e dare risposte alle loro attese?  

Il fascino di Gesù

□ La nostra catechesi sa trovare le parole e le esperienze giuste, capaci di interessare i ragazzi e di entusiasmarli? Di rendere attraente e desiderabile il Vangelo di Gesù e le sue parole?

□ Dovremmo almeno un poco rifarci al modo di fare dell’uomo Gesù, che ha affascinato la gente del suo tempo. «Nessuno ha mai parlato come lui…», hanno risposto le guardie incaricate di condurlo in catene dai capi dei sacerdoti (Gv 7,46).

Uomo del nostro tempo

□ Soprattutto dovremmo rendere Gesù ai loro occhi come una persona presente nell’oggi che viviamo. Servirci di categorie, di parole e di immagini che risuonino nella loro vita, senza costringerli ad accettare categorie e devozioni in cui non si ritrovano. Perché se li costringiamo a scegliere tra la loro vita di oggi e una proposta che sappia di passato, sceglieranno sicuramente la loro vita.

La bellezza di ritrovarsi

□ Sono complesse le cause che rendono i giovani lontani da ciò che proponiamo. Ma è soprattutto quando parliamo che rischiamo di più. Viviamo nell’era della comunicazione e delle immagini, essi sono schiavi del telecomando e l’attenzione alle nostre parole è sempre più limitata. Appena apriamo bocca, essi corrono con i loro pensieri verso luoghi e persone che fanno parte del loro mondo e trovano più gradevoli. Ma se gli incontri di catechismo o i momenti di animazione trasmettono fastidio e noia, possiamo dire addio al desiderio e alla gioia di ritrovarsi.

«Nativi digitali»

□ C’è poi da fare i conti con il loro nuovo modo di comunicare, sempre più collegato agli strumenti informatici. Dedichiamo per questo motivo «Il tema del mese» a quei catechisti che intendono aprirsi al digitale per adeguarsi meglio al modo di comunicare e di esprimersi dei ragazzi. È un cammino che probabilmente per la maggior parte dei catechisti è ancora solo all’inizio e non è detto che tutto ciò che i ragazzi vivono in rete sia positivo. Ma è necessario aprirsi appena possibile a questi nuovi strumenti, per vivere meglio insieme a loro il nostro tempo.

Qualcuno ci riesce

«I miei catechisti sono giovani d’oggi», dice un parroco. «Fanno catechismo con qualche limite che proviene da certi stili giovanili. In particolare non sono probabilmente i più preparati, non fanno sempre gli incontri seguendo perfettamente i manuali e i catechismi, ma ho visto che i ragazzi sono contenti, pregano, che riescono spontaneamente a condurli a messa, e conversando con i genitori mi dicono che sono sorpresi perché ogni sabato pomeriggio i loro figli sono impazienti di andare a catechismo». L’età giovanile rende più facilmente in sintonia questi catechisti con i ragazzi. Vivono dello stesso mondo, usano quando c’è bisogno ed è utile i nuovi strumenti informatici. Ma non è solo questo. È che loro stanno volentieri insieme ai ragazzi, non li costringono a un’ora di scuola, li aiutano a crescere facendo esperienze gradevoli, in cui ci sia dentro anche il modo di pensare di Gesù».

Che dire allora? Affidiamo tutta la catechesi ai più giovani? Non è detto. Ma ogni catechista deve cogliere con sempre maggior lucidità la sfida di comunicare con questi nuovi ragazzi.

UMBERTO DE VANNA