Pierfortunato Raimondo

Gesù Cristo è la Vita nella vita

La (il)logica
dell’incarnazione

Il Direttorio per la Catechesi ci parla di «pedagogia dell’incarnazione» (165).
Sottolinea la centralità di Gesù Cristo nella catechesi, che può entrare nella
vita umana, beneficandola. Ai cristiani il compito di portare la sua presenza
in opere e parole tra la gente, nei luoghi frequentati e con linguaggi
accessibili. Una sfida per la catechesi, il cristianesimo e la stessa umanità.

Nel tempo di Natale il calendario della Chiesa ci aiuta a riportare l’attenzione sul dogma dell’incarnazione: «Il Verbo si fece carne e
venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14).
Il prologo del Vangelo di Giovanni spiega che Dio e Verbo sono in fondo sinonimi: il nostro Dio è comunione e vive per comunicare
se stesso. Ma siccome agli uomini è impossibile vedere Dio, una persona in carne e ossa − Gesù detto il Cristo e riconosciuto come suo Figlio unigenito − ce lo ha rivelato (= ha tolto il velo che lo nascondeva).
San Paolo ci aiuta a cogliere l’inaudito dell’evento: Gesù era Dio, ma si è fatto piccolo e vuoto, per condividere la condizione umana
e riportarla al Padre, attraverso la fedeltà e l’amore (Fil 2,6-11).

La vita è bella, anzi sacra

Queste idee contraddicevano modi di pensare piuttosto radicati: da un lato la distanza abissale e incolmabile tra divino e umano;
dall’altro l’invidia per potere e ricchezza e la ricerca spasmodica del privilegio.
Il Dio di Gesù Cristo si faceva così vicino da poterlo toccare, e così mansueto da poterlo guardare negli occhi. Nulla di ciò che
aveva creato era disprezzabile o impuro (Sap 11,24) ma poteva essere usato male per l’assenza di rispetto e amore (Mc 7,18-22).
Nell’umanità rinnovata da Cristo e legata a Lui, non c’erano più classi né confini ma persone piene di tenerezza, bontà, umiltà, magnanimità e perdono (Col 3,11-15).
A guardarci intorno, questo idillio può sembrarci utopia, ma dobbiamo riconoscere che è proprio ciò a cui tutti noi aneliamo, l’intimo desiderio del nostro animo umano.

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