Editoriale novembre 2025
Continua la riflessione di don Michele Roselli sul percorso dell’iniziazione cristiana di fronte alle sfide attuali

Continua la riflessione di don Michele Roselli sul percorso dell’iniziazione cristiana di fronte alle sfide attuali

Disabled pupil smiling at camera with classmates at the elementary school
Stefania Urso
«La vera misura di una società si vede nel modo in cui tratta i più deboli e vulnerabili, compresi i disabili. Dobbiamo promuovere una cultura dell’accoglienza, dell’inclusione e dell’empatia verso le persone con disabilità, riconoscendo che sono portatori di una bellezza e di una saggezza uniche» (Papa Francesco)
Premessa
Il tema della disabilità è sempre più al centro dell’attenzione
pastorale della Chiesa, la quale riconosce l’importanza di una
piena inclusione di tutti i cittadini nei percorsi di fede. La capacità di risposta ai bisogni delle persone disabili è uno degli indicatori principali di un Welfare moderno, maggiormente inclusivo, equo ed efficiente e l’Italia ha fatto un passo avanti decisivo in tale direzione.
La Convenzione Onu dei diritti delle persone con disabilità, rappresenta uno strumento condiviso dalla comunità internazionale che segna valori e obiettivi per ampliare il grado di inclusione sociale delle persone disabili.
Papa Francesco ha dichiarato: «La bussola dei principi sociali, necessaria a promuovere la cultura della cura, è indicativa anche per le relazioni tra le Nazioni, che dovrebbero essere ispirate a fratellanza, rispetto reciproco, solidarietà e osservanza del diritto internazionale.
A tale proposito, vanno ribadite la tutela e la promozione dei diritti umani fondamentali, che sono inalienabili, universali e indivisibili ».
Catechesi e disabilità
Su questo tema, Papa Francesco ha avuto parole magnifiche: «La dignità delle persone con disabilità va rispettata e tutelata in ogni ambito della vita, compresa l’accessibilità fisica, l’istruzione, l’occupazione e la partecipazione sociale…

Giuseppe Ruta – Paulo Stippe Schmitt
Un nuovo modo di fare catechesi
Abbiamo intervistato i curatori di un nuovo volume della Elledici, frutto di un seminario universitario dell’Istituto di Catechetica (ICa – Facoltà di Scienze dell’Educazione) di Roma. Con loro riflettiamo sull’importanza di una catechesi che non si limiti a dei contenuti nozionistici e intellettuali, ma che coinvolga la persona nella sua totalità. Sono Giuseppe Ruta (R.), salesiano, ordinario di Catechetica e Direttore dell’ICa, dell’Università Pontificia Salesiana (UPS) e Paulo Stippe Schmitt (S.), presbitero dell’Arcidiocesi di Florianópolis (Brasile) e dottorando in Scienze dell’Educazione presso l’UPS.
Come è nata questa riflessione e questo testo?
Così afferma il Direttorio: «L’incontro con Cristo coinvolge la persona nella sua totalità: cuore, mente, sensi. Non riguarda solo la mente, ma anche il corpo e soprattutto il cuore. In questo senso, la catechesi, che aiuta l’interiorizzazione della fede e, con ciò, dà un apporto insostituibile per l’incontro con Cristo, non è da sola nel favorire il perseguimento di questa finalità. A questo concorre con le altre dimensioni della vita di fede: nell’esperienza liturgico-sacramentale, nelle relazioni affettive, nella vita comunitaria e nel servizio ai fratelli avviene, infatti, qualcosa di essenziale per la nascita dell’uomo nuovo (cf. Ef 4,24) e per la trasformazione spirituale personale (cf. Rm 12,2)». (DC 76)
Non potevamo non rispondere a questo invito con la nostra riflessione ed esperienza.
Continua la riflessione di don Michele Roselli sul percorso dell’iniziazione cristiana di fronte alle sfide attuali
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Ricominciamo, concludendo da un lato l’Anno giubilare della speranza inaugurato dal compianto papa Francesco e dall’altro aprendo nuove prospettive con l’arrivo di papa Leone XIV.
La speranza non si ferma mai
Fino al 6 gennaio 2026 l’Anno giubilare della speranza continua a segnare il cammino di fede. Come catechiste e catechisti non possiamo assolutamente cedere al pessimismo, e all’inizio del nuovo anno si riparte carichi e pieni di progetti. Il lungo focus ci aiuterà a comprendere ancora di più le ragioni della speranza, gli ostacoli da superare e le possibili vie di realizzazione. Non fino al 6 gennaio, ma per tutta la vita.
Anno nuovo, vita nuova
Come ogni anno riconfermiamo alcune rubriche e proposta e modifichiamo altro. Per quest’anno abbiamo cambiato l’impostazione dell’animazione domenicale, lavorando per blocchi di domeniche, con una introduzione generale al periodo, visualizzata in un poster da realizzare ed esporre, e alcune domeniche con nuove immagini di una brava disegnatrice, Myriam Savini, che possono essere fotocopiate in formato A3 e incollate progressivamente con suggerimenti operativi e proposte liturgiche molto belle. E poi molto altro.

“In illo uno unum”
È questo il motto di papa Leone XIV. “Malgrado noi cristiani siamo molti, nell’unico Cristo siamo uno”.
Già nel primo discorso nel giorno dell’elezione papa Leone XIV, ricordando papa Francesco, ha affermato: «Siamo tutti nelle mani di Dio. Pertanto, senza paura, uniti mano nella mano con Dio e tra di noi andiamo avanti! Siamo discepoli di Cristo. Cristo ci precede. Il mondo ha bisogno della sua luce. L’umanità necessita di Lui come del ponte per essere raggiunta da Dio e dal suo amore. Aiutateci anche voi, poi gli uni gli altri a costruire ponti, con il dialogo, con l’incontro, unendoci tutti per essere un solo popolo sempre in pace.
Che il Signore custodisca il Papa e lo assista nel suo ministero!
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Mi è capitato di conoscere contadini orgogliosi della propria terra appena seminata. mi dicevano: «Guarda come è bella!». Io non potevo che partecipare alla loro soddisfazione e confermarli, anche se non avevo la loro stessa luce negli occhi e i loro stessi calli nelle mie mani. A me sembrava solo terra nuda e spoglia, certo erano solchi perfetti e diritti, ormai tracciati con l’aiuto del GPS, ma erano senza un germoglio o qualche stelo. Ma loro ci vedevano già le distese ondeggianti in attesa di essere trebbiate e sentivano già il profumo caldo del pane. Non contavano più la fatica che avevano fatto per arare, le ore passate sul trattore, i calcoli e le previsioni metereologiche scrutate con cura e speranza. Quelle erano parte del mestiere, e davano ancora più valore al risultato, rendevano ancora più orgoglioso il cuore.
Amo pensare che alla fine di un anno catechistico, passato in compagnia dei ragazzi e delle ragazze che il Signore ci ha affidato, ci sia la stessa luce. Abbiamo faticato, certo, a dissodare un terreno sempre più duro, a estirpare le erbacce che mettono radici profonde con la facilità di una battuta o di una canzone tanto orecchiabile quanto superficiale, o volgare, a cercare un po’ di attenzione per ciò che riteniamo indispensabile, sempre in lotta con il tempo troppo limitato, strappato a tanti impegni e soffocato da mille preoccupazioni.
Occorre solo fermarsi al bordo del campo e riposarsi un poco, contemplare i solchi forse non perfetti che abbiamo tracciato e che abbiamo cosparso del seme della Parola, irrorato di preghiera e concimato di sacrifici. Noi siamo operai di un campo non nostro, ma che ci è dato e che dovremo riconsegnare a suo tempo, un tempo che non è nostro ma di Dio, signore del tempo e dell’eternità.
A tutti voi auguro di poter gioire nella fede. La Lettera agli Ebrei dice: «Ora la fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che non si vedono» (Eb 11,1). La nostra ricchezza è la speranza, attesa certa della realizzazione delle promesse di Dio.
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È un inganno del maligno credere che il peccato ci allontani da Dio. Gesù si è fatto vicino all’uomo proprio perché peccatore. E nella Pasqua ci ha strappati dal male per stringerci nell’abbraccio misericordioso del Padre.
Ecco la nostra speranza.
Un inganno diabolico
Come abbiamo fatto a pensare che il peccato ci possa allontanare da Dio? Quando ci sentiamo carichi dei nostri fardelli e delle nostre miserie, abbandoniamo la preghiera come se fossimo sporchi e impresentabili davanti a Lui. Vorremmo avere sempre il vestito pulito e lindo, ma quel vestito da festa Lo regala il Signore quando invita alle nozze gli “impresentabili” dopo il rifiuto dei “perfetti” o che tali si reputano.
E disperare della grazia è forse il peccato contro lo Spirito Santo, molto più grande di tutti i peccati che il Signore non vede l’ora di perdonare, per i quali è morto come un peccatore, come il peggiore, come un bestemmiatore.
Ragazzi senza peccati
Il senso del peccato, ahimè, si è affievolito molto nei nostri ragazzi. Abbiamo avuto paura a parlarne, forse perché in passato l’abbiamo accostato troppo alle punizioni divine e non all’immensa misericordia di un Padre che aspetta di vedere da lontano il ritorno del figlio amato, per riabbracciarlo e rivestirlo di quella regalità per cui l’ha fatto.
Una buona confessione
Quando voltiamo le spalle a Dio, Lui non si allontana e continua a sperare che un giorno o l’altro, torniamo a vedere il suo volto sorridente, e ci tuffiamo nel suo abbraccio.
Non disperiamo mai. È l’anno della speranza che non delude: il Signore è risorto.
E buona, santa Pasqua.