Guardate a Lui

I simboli dell’umiliazione e della morte diventano inni alla salvezza e alla gloria. Aiutiamo i nostri ragazzi ad entrare nel grande mistero della Pasqua, guardando alla croce che attira tutti a sé, per far rifiorire la vita e la speranza.

Il serpente innalzato nel deserto

Quando Mosè innalzò il serpente nel deserto, fece un gesto sconvolgente e scandaloso. Era il dio Apopi degli egizi, “Nemico di Ra”, e “Signore del Caos”, incarnazione di tutto ciò che è male? Lui che cercava ogni giorno di impedire al dio Sole di sorgere minacciandolo durante il suo viaggio notturno attraverso l’aldilà? Era lui che stava uccidendo tutti ed ora veniva innalzato!?

Quando sarò innalzato…

Cosa avrà pensato Nicodemo in quel colloquio notturno quando Gesù parlava di essere innalzato da terra? Gesù lo aveva già detto, quando alcuni Greci avevano avvicinato Filippo e gli avevano chiesto: «Signore, vogliamo vedere Gesù». E lui aveva parlato di morire per dare molto frutto, di perdere la propria vita per conservarla per l’eternità e di seguirlo nella lotta contro “il principe di questo mondo”.

A noi catechisti viene subito voglia di spiegare, è tutto molto semplice e chiaro: «Gesù lo sapeva, è morto, ma poi è risorto, era necessario, è un passaggio…».

Ma la notte resta notte e il coraggio di guardare in faccia quel serpente che sembra vittorioso non è scontato. È più facile girare lo sguardo, scappare, fare finta di nulla. Lo fanno i nostri ragazzi, lo fanno i genitori, lo facciamo anche noi, a volte, riempiendo il vuoto di belle parole.

…attirerò tutti a me

Non siamo noi a fare. È lui che attira tutti a sé. È lui il fiore che sboccia sui rami secchi in primavera e noi non sappiamo come, e noi non possiamo anticipare nulla. Ci svegliamo, un mattino, e tutto è fiorito, la primavera è tornata.

Seguiamo uno morto in croce, ma siamo certi: fiorirà di vita nuova.
Buona Pasqua di Risurrezione!

Rossi Valter

Editoriale di marzo

Acqua viva dalla roccia

Con Mosè sgorga acqua viva dalla roccia. Alle sorgenti della vita attingiamo l’acqua per la sete di chi cammina per scoprire la via di Gesù.

Un itinerario nel deserto con Mosè

L’itinerario quaresimale dell’anno A ci chiama a vivere e rivivere la realtà misterica della nostra iniziazione cristiana. Le cinque domeniche ripropongono le tematiche che nella tradizione antica costituivano il quadro di riferimento dell’ultima fase del catecumenato.
Nel deserto, il cammino del popolo ebreo che, condotto da Mosè, passa dalla schiavitù dell’Egitto al servizio di Dio, viene dissetato dall’acqua che scaturisce dalla roccia. Nella nostra copertina, quell’acqua continua a sgorgare e ci segna non solo nel battesimo, ma in ogni momento della nostra vita.

In cammino per scoprire

Anche noi viviamo questo itinerario catecumenale, lo proponiamo, aiutiamo a viverlo. Anche noi siamo chiamati a rinunciare al male per intraprendere con la forza della Parola il cammino quaresimale, prendendo coscienza del peccato dal quale Cristo, con la sua Pasqua, ci ha liberati.
Come Abramo siamo chiamati a metterci in cammino per entrare nella gloria sfolgorante del Regno, sul suo monte di luce.
Con Mosè e con la Samaritana, noi percorriamo le loro stesse tappe, per ridestare il desiderio dell’acqua viva della grazia che scaturisce da Cristo, per professare con forza la fede, e annunziare con gioia l’amore di Dio.
Accanto al cieco nato chiediamo che i nostri occhi siano aperti per vedere Gesù Cristo, colui che ha illuminato il mondo, e credere in lui solo.
Anche noi, insieme a Lazzaro, siamo invitati ad uscire fuori dalle nostre tombe per essere risvegliati dallo Spirito e richiamati alla vita.

Acqua viva

Non una Quaresima di mortificazioni, ma di vivificazioni, di azioni che donano vita, perché attingono all’acqua viva che è cristo.
A voi le nostre riflessioni e proposte, che hanno come tema centrale la Riconciliazione e l’espressione semplice e profonda del dolore dei nostri peccati e del bisogni di aggrapparsi solo a chi può saziare la nostra sete infinita di amore.

Rossi Valter

Mio marito non crede a nulla!

Le domande dei genitori,

Gianni Torrisi

 

«Ho paura che le nostre discussioni in famiglia sulla religione confondano mio figlio…». La mancanza di fede di mio marito è per me causa di molta sofferenza: com’è possibile che uno non creda in niente? E come posso mantenere un clima sereno in famiglia?

Una domanda pesante

In questa domanda si sente, prima ancora del problema del figlio, la sofferenza e la delusione di anni. Questa mamma e moglie dice che il marito non crede in niente. Sarebbe interessante sapere se le cose sono state sempre così o se nel tempo siano cambiate. Ne avranno parlato nel tempo del fidanzamento, prima di sposarsi? O negli anni la fede della moglie è cresciuta, ed è scomparsa quella del marito? È certo comunque che le esperienze di vita dei genitori pesano sull’educazione alla fede dei figli. E purtroppo non è facile trovare un accordo su temi così “sensibili”.

Come si può vivere senza credere?

Tutta la vita si fonda sulla fiducia. Come potremmo entrare in una casa, senza credere che i costruttori hanno lavorato a regola d’arte? O passare sopra un ponte, andare al ristorante o dal verduriere senza che ci sia un clima di fiducia? Come instaurare relazioni significative senza fidarsi di qualcuno e credere nell’amicizia?

Siamo tutti obbligati a dare fiducia agli altri. Per assurdo, ci si deve fidare anche di chi non conosciamo bene. Lo fa certamente anche il marito di questa mamma preoccupata: anche lui deve fidarsi di qualcuno, di qualcosa.

Un percorso per progredire nel dialogo

Qualcuno dice di non credere a ciò che non vede. Però, quello che non vedo perché magari è si trova dall’altra parte del pianeta (ad esempio il sole quando da noi è notte) continua ad esistere!

La fede cristiana ci propone un mondo che esiste grazie a Dio. Chi crede in Dio ne afferma l’esistenza, accoglie la sua parola, la sua amicizia, crede che Dio parla al nostro cuore attraverso il suo Spirito d’amore. Non esistono prove che Dio non esista, ed è una cosa intelligente credere in Lui. Ma dobbiamo anche ammettere che può avere un senso avere dei dubbi e mettersi in ricerca per avere prove più convincenti.

Dibattiti o discussioni

Se le discussioni che si fanno in famiglia, e che il figlio ascolta, avvengono nel rispetto reciproco e sereno, in uno scambio sincero tra chi la pensa in un modo e chi ha un’opinione diversa e motivata, allora questo discutere può essere molto positivo, e può far crescere sia il marito che la moglie, e certamente non recherà danni al figlio, anzi può apprezzare che si discuta su argomenti così seri, di cui si parla magari a catechismo. Questo discutere su argomenti spirituali susciteranno anche in lui delle domande. Si metteranno in gioco la sua intelligenza e il suo impegno, pur nella differenza di opinione dei genitori. Le differenze non escludono il dialogo, anzi, possono favorire la ricerca e la crescita personale. Ma a certe condizioni.

Se infatti queste discussioni sono fatte male, bloccano il dialogo, caricano l’ambiente famigliare di tensione, separano e diventano fonte di litigi. Se non si è disposti a farlo in serenità, lo si deve fare quando il figlio non è presente. Come si può costringere un bambino a dover scegliere tra ciò che dice il papà e ciò che dice la mamma, cioè tra quelli che ama? O che cresca in modo positivo assistendo a discussioni in cui uno dei due viene trattato con disprezzo o è costretto al silenzio?

Ricordiamolo: agli occhi di un bambino l’annuncio cristiano – Dio è amore – è testimoniato anzitutto dall’amore reciproco dei genitori, non con le parole, ma con i fatti.

Foto

Alla presenza di un figlio piccolo, o si discute serenamente, nel rispetto reciproco, o è meglio farlo quando lui non c’è.

Trattare con gentilezza

È interessantissimo ripercorrere l’etimologia della parola gentile/gentilezza per scoprire la forza ecumenica dell’ospitalità.

Per il popolo dell’Alleanza gentili erano tutti gli altri popoli, le altre genti, chi non era come loro.
Per i Romani, invece, il termine faceva riferimento alla gens, formazione famigliare allargata – da gignere generare – cioè i generati da un medesimo mitico capostipite.
Era una formazione sociale sovra-familiare patrizia – una specie di famiglia nobile allargata, un clan a cui appartenevano molte famiglie.
L’essere “gentili” implicava un comportamento più fraterno rispetto a quello tenuto con estranei di altre gentes, anche se magari, vista l’ampiezza di queste gentes, i gentili fra loro non si conoscevano nemmeno.

L’oggi della gentilezza

Sono scomparse le gentes, ma per esprimere la qualità più pura di rispetto e cura benevola, la più semplice e genuina forma di accoglienza, continuiamo a rifarci proprio a quei rapporti interni che nascono dalla consapevolezza di far parte di un’unica, grande famiglia, consci della nobiltà che l’essere gentili richiede.
«Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù», arriverà a dire san Paolo agli abitanti di Efeso, la città più multiculturale di tutte, un vero “porto di mare”.

La settimana di preghiera per l’unità

In questo gennaio celebriamo la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, ispirato all’accoglienza generosa sull’isola di Malta dopo un terribile naufragio. «Ci trattarono con gentilezza», afferma l’apostolo, esaltando la virtù ecumenica dell’ospitalità.
A questo evento abbiamo dedicato la copertina, che raffigura il salvataggio di Paolo, i naufraghi di oggi – ma su quel gommone ci siamo anche noi – e le molte genti che in Cristo possono trovare un’ancora sicura e la salvezza.
Preghiamo perché non passi invano questo momento di grazia.

Rossi Valter

Il Dio della gioia

La gioia, la festa, la danza, il canto, l’entusiasmo sono componenti essenziali della vita cristiana e non possono proprio mancare nei nostri percorsi di catechesi.

Davide danza davanti all’Arca

Nella Bibbia ci sono danze molto famose: C’è la profetessa Miriam, sorella d’Aronne, esterna la sua esultanza e ringrazia Dio, dopo il passaggio del Mar Rosso, formando cori di danze con le altre donne, suonando i timpani e cantando (Es 15,20).
E c’è la danza del re Davide in occasione del trasferimento dell’Arca a Gerusalemme. L’autore sacro usa le parole: “gioia” e “con tutte le forze”, rimarcando il coinvolgimento totale della persona nel movimento ritmico della danza. Danzando e saltellando, Davide manifesta con tutto il suo essere la gioia incontenibile che prova. Mikal, la figli di Saul si scandalizza di quella danza “sconveniente”, ma Davide chiarirà: «L’ho fatto dinanzi al Signore, (…) ho fatto festa davanti al Signore» (2Sam 6,21).

Il santo Carnevale

Febbraio deriva da una parola latina che significa purificare, e nell’antico calendario romano era il mese delle purificazioni che precedeva marzo, considerato il primo mese dell’anno.
Tutto cambiato, dato che questo mese così corto è quello più dedicato al divertimento, alle maschere, al carnevale in cui ogni scherzo vale, e che persino la quaresima viene sovente mangiata da feste, sfilate, dolci e bagordi.
Ma non possiamo fare come Mikal che «guardò dalla finestra; vedendo il re Davide che saltava e danzava dinanzi al Signore, e lo disprezzò in cuor suo» (2Sam 6,16).
Non dobbiamo aver paura dei momenti di festa, di gioia, di ballo, di canto, di gioco. Sono momenti di vita importanti che non possono mancare nelle nostre parrocchie, nei nostri oratori (beato chi ne ha uno attivo e prospero), nelle nostre proposte.

Momenti di festa

Ecco perché abbiamo dedicato la copertina alla festa e un approfondimento importante al connubio proficuo tra oratorio e catechesi, nella speranza che ogni ragazzo che avviciniamo possa cantare con gioia: «Il mio Dio è il Dio della festa, della gioia e dell’amor». Auguro tanta gioia a voi, catechiste e catechisti, affinché diffondiate questo dono in ogni momento della vostra missione!

Rossi Valter

Al veder la stella…

È la gioia, una grandissima gioia, che conclude il cammino dei Magi, cercatori coraggiosi di Dio nei segni misteriosi del creato. Erano partiti con entusiasmo ma poi la fatica si era fatta sentire. Non è facile seguire una stella: le stelle si vedono di notte, a condizione che le luci non inquinino il cielo.

I Magi e le nostre notti

Quando camminavano i Magi? Forse, di notte, per seguire la stella visibile e sicura ma con tutti i rischi – briganti e inciampi – compresi nel prezzo. Forse di giorno, quando si vede dove mettere i piedi ma non si vedono più le stelle.
Ecco l’assurdo di chi cammina fissando gli occhi alle stelle, ecco il rischio della fede.
Per questo fatichiamo nella missione di catechisti.
Indichiamo le stelle a quei pochi che hanno il coraggio di seguirci in notti sempre più illuminate dalle luci artificiali, disposte ad arte in un mondo che gira intorno ai soldi, al successo…
Parliamo del luccichio delle stelle a persone abbagliate dalle luci a led, ipnotizzate dalle musiche e dai colori di Natali sempre uguali, che hanno sempre meno da dire. Così le stelle non si vedono, il cammino si riempie di dubbi e la gioia scompare.

Natale in famiglia

C’è la stella nella nostra copertina, e scintilla in una famiglia attiva e creativa. Di sicuro c’è anche la gioia, quella fatta di cose semplici, come semplice è ciò che ha fatto Gesù per mettere la sua tenda tra gli uomini, come semplici erano Maria e Giuseppe, i pastori che sono stati chiamati nella notte e le persone che hanno udito il primo annuncio di gloria e di pace.
Come semplici sono le proposte di questo numero, che spero accogliate con gioia, insieme ai nostri migliori auguri.

Per vivere il Natale a catechismo e in parrocchia

C’è il poster dedicato all’Avvento e al Natale, da usare in abbinamento all’inserto – si sospende per un attimo il percorso formativo per i genitori non per lasciarli in pace, ma per renderli ancora più attivi –, e ci sono tante porte da aprire magari alla sera, in un piccolo momento di riflessione.
C’è la veglia di preghiera in preparazione alla messa della Notte di Natale e la storia della canzone Stille Nacht. E ci sono le vostre esperienze e realizzazioni: quanto di più semplice e prezioso abbiamo.
Buona stella a tutti.

                       Valter Rossi

Coinvolti nella preghiera liturgica

Oltre alla preghiera personale, ci pare necessario presentare un secondo tassello nel nostro percorso per crescere nell’amicizia con Gesù: quello della liturgia, che è la massima espressione della preghiera della Chiesa.

Che cosa avviene all’altare

Per dei ministranti si direbbe che sia qualcosa di scontato la preghiera liturgica. Ma partecipare a un rito in una chiesa non equivale necessariamente a un incontro autentico con Dio. I piccoli ministranti infatti possono essere così totalmente concentrati sulle cose da fare all’altare, che corrono il rischio di dimenticare il motivo per cui tutto ciò accade.

Come rimediare?

Occorre per questo formarli alla preghiera liturgica. Anzitutto sarà opportuno, durante la spiegazione dei vari gesti da compiere nel loro servizio, far loro comprendere il significato profondo delle varie parti della Messa, scorrendo con loro il messale, ripercorrendo le varie preghiere, quelle del sacerdote e del popolo, comprendere il significato e il valore delle parole, facendole persino ripetere più volte, perché anche per questi ragazzi è comune il rischio di non conoscere le acclamazioni liturgiche.

Si potrebbe persino come in una gara sfruttare un po’ di sana competizione e premiare quelli che per primi conoscono a memoria le varie parti. Parole e gesti, se compresi, certamente facilitano la partecipazione.

Ma c’è di più

Nel corso delle celebrazioni c’è un’atmosfera, un clima di mistero e di spiritualità che dovrebbe avvolgere chi partecipa. Il rischio che corre oggi la liturgia è quello di pensare che essa tocca i ragazzi e permette loro di partecipare solo se sono coinvolti con gesti e parole. Se un ragazzo non si muove continuamente, non batte le mani, non canta, non sposta quello o quell’altro, pare che non possa partecipare e pregare. È davvero così? La preghiera consiste in questo?

Certo, l’impegno e i gesti sensibili sono fondamentali, perché è proprio della liturgia cavalcare questo canale sensoriale. Tutto il culto della tradizione della Chiesa è fatto di gesti, suoni, colori, parole, odori… e i ministranti sono i primi a sperimentarlo maneggiandoli nel loro agire. Ma non sono lo scopo ultimo della celebrazione, sono piuttosto un mezzo per condurci a quell’«a tu per tu» che ogni uomo è chiamato a intessere con il suo Creatore.

L’anima e il cuore

Ai ministranti, insieme a gesti e parole, dobbiamo insegnare a respirare un’aria diversa (sempre che il celebrante e la comunità permettano che essa si crei!), a entrare dentro la celebrazione, dentro i gesti, a pregare con il cuore, a unirsi interiormente a ciò che accade nel rito, sull’altare, a rivolgersi interiormente al Signore, a gustare e sfruttare la forza delle diverse posizioni del corpo, del canto, ma anche del silenzio, spesso assente nelle nostre liturgie.

Così i ministranti non saranno semplici esecutori di azioni sacre, ma ci metteranno l’anima, capiranno che «Dio è qui», che qui mi incontra!

Probabilmente è proprio questa l’età giusta per incominciare, gradualmente, valorizzando ad esempio il momento dell’elevazione e del silenzio dopo la comunione, per intraprendere un dialogo profondo con Gesù vivo nell’Eucarestia.

L’animatore potrebbe utilmente leggere di Romano Guardini: Lo spirito della liturgia. I santi segni (Morcelliana), dove l’autore tenta una semplice mistagogia dei segni tipici della liturgia.

Thierry Dourland

Nessuno è felice da solo

Non sempre i ragazzi sono entusiasti di venire a catechismo. Tocca al catechista non deluderli, aiutarli a trovarsi bene con gli altri ragazzi, felici di fare gruppo.

Il catechista accogliente

Matteo, 9 anni, non vuole più andare a catechismo.  Chiedo perché alla mamma e mi dice che Matteo ha provato ad andarci, ma non si è trovato bene. Quest’anno ha  già cambiato scuola e a catechismo non conosce nessuno. La catechista non lo ha più cercato. Ma un mese dopo Matteo convince un compagno di classe ad andare a catechismo con lui e ora ci vanno insieme.

La felicità di un bambino

 Lo scrittore e insegnante Alessandro D’Avenia scrive: «Nell’atrio della mia scuola alla fine dell’anno è apparso un albero, con il tronco e i rami di compensato e le foglie di carta multicolore. In cima all’albero è scritto: “Felicità è…”. In ogni foglia è contenuta la risposta di un bambino. Mi sono fermato a leggere una per una quelle foglie, quasi fosse il responso nell’antro della Sibilla cumana. E ho scoperto che la felicità per i bambini non solo è semplicissima, ma è soltanto relazionale. Tutte le foglie sono dedicate ad altri: familiari e amici. Nessuno di quei bimbi è felice da solo».

Certo, la felicità di un ragazzo è legata in prima istanza alla sua famiglia, all’amore di papà e mamma, al senso di sicurezza che gli assicurano. Ma anche la catechesi può contare su questo bisogno innato di relazionarsi di ogni ragazzo.

Il bisogno di stare con gli altri

Nella catechesi è fondamentale essere accolti con simpatia, impegnarsi con i ragazzi a costruire una bella vita di gruppo. E per riuscirci si può contare su questo bisogno innato dei ragazzi di trovarsi con gli altri, di stare con qualcuno che li fa sentire bene.

Da questo punto di vista è importantissimo il primo impatto con il catechista e con il loro nuovo gruppo di amici. Ma poi ogni incontro dovrebbe trasmettere la sensazione di trovarsi tra persone accoglienti e amiche, chiudere sempre quasi a malincuore, desiderosi di rivedersi, perché lì c’è qualcosa che piace, che ti rende contento.

Questo è Vangelo

Questo nostro modo di fare è già Vangelo vivente. Dal modo con cui ci rapportiamo con loro, da come li aiutiamo ad accogliersi, ad aprirsi con fiducia e a fare amicizia tra di loro, passa anche la nostra proposta catechistica.

Ogni catechista, direttamente o indirettamente, è così che si fa testimone del Figlio di Dio, della gioia del Vangelo. È così che il parlare di Gesù e della sua esperienza, delle sue parole avranno un senso e potranno trovare accoglienza.

Questo clima bello e accogliente di amicizia non lo dimenticheranno più. Sappiamo che non sarà facile per loro ritrovare nella scuola superiore o sul lavoro la stessa armonia. La società è in gran parte organizzata sul «fai da te», sul «si salvi chi può» e non sul senso evangelico della solidarietà e dell’apertura all’altro.

Cari catechisti, preparando il nuovo anno, pensiamo prima di tutto a come fare per non deludere i ragazzi che cominciano l’avventura catechistica! Proponiamoci sin d’ora di renderli felici con la freschezza della Parola che il Signore ci affida, ma ancor prima dando risposta al loro desiderio di stare bene insieme.

Umberto De Vanna 

Cari catechisti, è bello ritrovarsi!

Iniziando un nuovo anno catechistico siamo invitati a ricucire il nostro dialogo anche sulle pagine di Dossier Catechista.

Il nostro appuntamento mensile

Riprendendo i nostri incontri di catechesi esprimiamo anzitutto la gioia di ritrovarci, di saperci ancora tutti a servizio della catechesi.
Detto questo, ecco un paio di cose utili per chi di mese in mese si incontrerà sulle pagine di Dossier Catechista.

1. L’abbonamento 2014-2015 inizia a settembre

Almeno il 70-80% degli abbonati rinnova puntualmente nel mese di settembre, alla ripresa del nuovo anno catechistico. Questi abbonati sono tranquilli e sicuri che tutto procederà con piena soddisfazione di tutti.
Un certo numero di abbonati rinnova invece con grandi ritardi, rendendo abbastanza inutile il nostro lavoro, ma anche il loro, perché si troveranno tra mano la rivista quando il tempo giusto per servirsene è ormai passato.
Chi aspetta il mese di novembre-dicembre per rinnovare l’abbonamento, con gli ingorghi natalizi, o addirittura i primi mesi dell’anno nuovo, va inevitabilmente incontro a inconvenienti che creano disagio, telefonate di protesta, delusione.
Per questo motivo noi spediamo alcuni primi numeri ancora a tutti, in modo che almeno nei primi mesi si possano superare i ritardi delle poste e i tempi di registrazione dell’abbonamento da parte dei nostri uffici.
Ricordiamo infine che, a causa dei ritardi, è a volte difficile capire quante copie dobbiamo stampare. E qualcuno rischia di perdere qualche numero.
La/il catechista più intraprendente trovi il modo di ricordare queste cose anche al proprio parroco, che preso da tante cose rischia di dimenticare di rinnovare a settembre l’abbonamento-pacco a voi destinato.

2. Sfogliate insieme ogni numero di Dossier Catechista

Ogni buon catechista sicuramente a inizio d’anno fa bene a darsi una personale programmazione. Ma è una cosa utilissima tenere presente quanto viene pubblicato in Dossier Catechista.
Chi si limita soltanto a sfogliate e magari anche ad apprezzate quanto viene proposto in ogni numero da Dossier Catechista, ma non si confronta con altri catechisti per capire come quei sussidi possono essere utilizzati nella propria attività con i ragazzi, perde tante opportunità.
Leggendola insieme ci si confronta sugli argomenti proposti, si può capire ciò che può portare qualcosa di nuovo alla vostra attività.

L’indice degli ultimi tre anni di Dossier Catechista

Per aiutare i catechisti a ricuperare articoli utili già pubblicati, da molti anni nelle ultime pagine del numero di maggio di Dossier Catechista viene pubblicato un indice dettagliato di quanto è stato presentato nell’anno appena trascorso.
Ma adesso abbiamo messo a servizio dei naviganti nel nostro sito (www.dossiercatechista.it) un indice completo degli ultimi tre anni della rivista. Sarà più facile – conservando le annate della rivista ‒ servirsi dell’articolo giusto al momento giusto.
Non mi resta che mandarvi il nostro saluto più cordiale a nome di tutta la redazione e dei collaboratori. Lo facciamo anche con l’immagine di copertina, che presenta il sorriso di un giovane catechista felice di riprendere il proprio servizio tra i ragazzi.

Il catechista in vacanza

Cari catechisti,

al termine di un anno vissuto tra i ragazzi ci guardiamo indietro e diciamo «grazie»: anzitutto a Dio, ma anche al sacerdote che ci ha dato fiducia e ci ha chiamati alla catechesi. È stato un anno di esperienza importante, comunque sia andata.

□ Tutto ci serve, tutto fa esperienza, anche qualche momentanea breve inevitabile sconfitta.

□ Grazie però soprattutto a questi ragazzi che abbiamo accompagnato con il desiderio di essere qualcosa di positivo per ciascuno di loro.

Ricordiamoci d’estate

□ È bello d’estate non perdere i contatti con i ragazzi, con il parroco e la comunità, con gli altri catechisti. Sarà bello incontrarci la domenica per la messa, continuare a salutare, sorridere, accogliere i ragazzi e le loro famiglie.

□ Ricordiamoci poi dei nostri ragazzi durante l’estate, preghiamo per ciascuno di loro. Restano «nostri» anche se a settembre dovessero passare a un altro catechista. E il pensiero andrà prima di tutto, come diceva Don Milani, al ragazzo più ribelle, al discolo, al meno interessato, a chi deve starci più a cuore.

□ Ricordo ciò che scrisse una catechista tempo fa. Si era sentita chiamare da un giovanotto dall’auto. Un po’ infastidita, non voleva rispondere, poi, alle sue insistenze, si avvicinò e lui a sorriderle, a dirle che era quel ragazzo che al catechismo l’aveva fatta tanto disperare, che ora la sua testa era a posto, che aveva trovato un lavoro ed era sereno. E si ricordava di lei.

□ Un’altra catechista ci scrisse di avere incontrato un bel frate, giovane e simpatico, e gli aveva detto: «Che bella cosa vedere un ragazzo come te che si dona al Signore!», e lui a risponderle: «Ma non ti ricordi che sei stata la mia catechista?».

Archiviare, consultare

□ In vacanza un catechista legge poi qualcosa che lo aiuti a crescere nella fede e lo fa appassionare alla sua attività. Qualcuno ha già certamente messo da parte il libro giusto e lo leggerà con piacere nei momenti di tranquillità.

□ Pensando allo stress dell’anno passato, alla mancanza di tempo e alla difficoltà di trovare il sussidio giusto, un catechista ricerca in anticipo materiale utile, programma alcune attività, impara dei canti nuovi, qualche nuova tecnica, dei giochi simpatici che possono tornare utili e divertenti al momento giusto.

L’archivio di Dossier Catechista

□ A questo riguardo sarà utile ripescare le ultime annate di Dossier Catechista. Nel sito della rivista (www.dossiercatechista.it) trovate l’indice completo degli ultimi anni, dal 2006 al 2014. Vi servirà imparare a conoscerlo, consultarlo, servirvene. Nelle pagine 63-67 di questo numero trovate l’indice di quest’ultimo anno, che metteremo quanto prima anche nel sito.

□ Le pagine 19-22 di questo numero sono occupate dai sussidi per l’estate da moltiplicare per i ragazzi. Questa volta sono due: l’Estate card, che sta diventando un classico e ve la offriamo nuova ogni estate; l’altro sussidio farà nascere lo spirito giusto per vivere l’estate, li aiuterà a essere protagonisti del loro tempo. C’è di tutto, il riferimento alla Messa festiva, la preghiera, l’impegno settimanale, gli onomastici.

                                                                                               Umberto De Vanna